Bitcoin e il pianeta
A febbraio, quando la Tesla di Elon Musk ha annunciato l’acquisto di 1,5 miliardi di dollari di bitcoin da detenere come obbligazioni societarie, non sono mancati commenti sarcastici. Musk era stato chiaro sul ruolo dei combustibili fossili tra le cause dei cambiamenti climatici; le imprese che lui gestisce stanno esplicitamente affrontando questa sfida. Per citare il sito web della società: “La missione di Tesla consiste nell’accelerare la transizione a un mondo di fonti di energia sostenibili”.
Poco dopo quell’annuncio, la BBC ha pubblicato un articolo sul grande consumo energetico della rete Bitcoin, che secondo i calcoli dei ricercatori del Cambridge Centre for Alternative Finance sarebbe pari a 121,26 terawattora all’anno. Anche senza essere esperti di energia, pensiamo che si tratti di un consumo notevole, pari a quello di uno Stato di medie dimensioni. Il titolo dell’articolo è: “Il bitcoin consuma «più energia dell’Argentina»”.1
Dall’articolo si deduce che il bitcoin consuma una gran quantità di energia; naturalmente la gente si domanda se questa grande quantità stia solo causando un aumento della combustione di carburanti fossili e dell’emissione di gas a effetto serra o se altrimenti contribuisca ad accelerare i cambiamenti climatici. L’incetta di bitcoin operata da Musk si può mettere in relazione con il consumo energetico della rete Bitcoin? E, si domanderà chi legge, gli investitori sensibili alle tematiche ESG (ambientali, sociali e di governance) dovrebbero investire in bitcoin oppure no?
Perché il bitcoin consuma energia?
La rete Bitcoin consuma energia: ciò è innegabile, La Bitcoin blockchain2 si affida a un metodo proof-of-work per guadagnare consenso a livello di ledger (registro): questo metodo di consenso richiede che i minatori di bitcoin utilizzino computer specializzati per cimentarsi costantemente nella soluzione di un algoritmo per proporre un nuovo blocco (ossia una serie di transazioni) alla blockchain. Per tutti il tempo in cui si confrontano per generare un nuovo blocco e guadagnare il relativo premio in bitcoin, i computer consumano energia elettrica; questa competizione e il lavoro occorrente sono imprescindibili per il funzionamento della rete Bitcoin e, visto attraverso questa lente, il consumo energetico non sembra propriamente un effetto collaterale del bitcoin: in un certo senso è proprio il punto principale.
L’estrazione del bitcoin è intrinsecamente un male per l’ambiente? (No)
Se il consumo energetico è inevitabile, il suo costo diventa importantissimo per i minatori di bitcoin, trattandosi di aziende che massimizzano i profitti in un mercato perfettamente competitivo. Per ottimizzare tali profitti, i minatori devono mantenere costantemente basso il loro costo variabile più consistente (l’energia elettrica). Non si tratta di un’ipotesi: Riot Blockchain, miner di criptovalute quotato in borsa, ha presentato un rapporto annuale (il SEC 10-K) che contiene informazioni interessanti:
il funzionamento di una miniera di bitcoin o di un’altra criptovaluta3 può richiedere ingenti quantità di energia elettrica. Inoltre, le nostre operazioni di estrazione possono avere successo e, in ultima analisi, risultare redditizie se i costi (tra cui quelli relativi all’energia elettrica) associati all’estrazione di un bitcoin sono inferiori al suo prezzo. Di conseguenza, ogni miniera che apriamo può dare i suoi frutti solo se riusciamo ad approvvigionarci di energia sufficiente con un rapporto efficace tra costo e rendimento, e per aprire nuove miniere dobbiamo trovare sedi convenienti da questo punto di vista.4
Per ironia della sorte, dato il carattere globale e intangibile del bitcoin, la sede geografica è fondamentale per i minatori. Anche se parliamo spesso di energia a livello mondiale, la fornitura di energia è un problema locale e, come evidenzia Riot Blockchain, i minatori si stabiliscono il più vicino possibile a fonti di energia convenienti, in modo da ridurne i costi variabili. Per spiegare questo fenomeno non dobbiamo fare altro che pensare ai black-out verificatisi in Texas nel febbraio 2021: in quel periodo gli Stati Uniti non erano certo un paese a corto di energia ma, come molti hanno scoperto per la prima volta, gran parte del Texas si affida a una rete elettrica separata dalle regioni occidentali e orientali degli USA. La fornitura di energia da un luogo all’altro è un processo dispendioso e, come ha dimostrato questa crisi, non se ne può disporre liberamente in tutto il mondo o addirittura all’interno di uno Stato. La natura locale della fornitura è ancora più importante nel caso di energie rinnovabili come quella eolica o quella idroelettrica, che non possono essere immagazzinate all’interno di contenitori su una petroliera (un problema che Tesla sta cercando di risolvere con la nuova tecnologia per le batterie). Dal momento che l’energia che non si può distribuire verrebbe altrimenti sprecata, un fornitore sarebbe incentivato a venderla a basso costo a un utente ubicato nelle vicinanze.
Cosa deve fare dunque un minatore di bitcoin? Stabilirsi nei pressi di un luogo dove si produce a prezzi convenienti dell’energia che altrimenti finirebbe sprecata. Anche se non disponiamo di dati perfetti, i modelli osservati indicano che questo è proprio ciò che avviene: molti analisti segnalano che, in base alla pianificazione centrale della Cina, sono state costruite troppe dighe idroelettriche in alcune regioni come il Sichuan; queste dighe producono più energia di quanta ne consumino gli utenti locali o di quanta le reti possano immagazzinarne. Il Sichuan è anche una delle maggiori fonti di estrazione del bitcoin: se ne deduce che i minatori, con un’idea brillante, hanno efficacemente trasformato nella rete Bitcoin energia pulita che, altrimenti, sarebbe andata sprecata. Gli analisti citeranno tanti altri esempi come questo. A differenza di quanto avviene con i materiali fisici, i minatori di bitcoin sono molto più mobili e in grado di trasferirsi rapidamente presso la fonte più vicina di energia elettrica, a prescindere dall’ambiente. In un certo senso, il bitcoin ha dimostrato in modo impressionante come convertire uno spreco di energia in un asset globale con una certa utilità.5
Anche in questo caso non disponiamo di dati completi: la nostra analisi della ricerca non ha dimostrato la possibilità di affermare che una determinata percentuale dell’energia consumata dall’estrazione del bitcoin è costituita, per esempio, da energie rinnovabili. La combustione del carbone - tuttora frequente in Cina - è indubbiamente una fonte di energia per i minatori di bitcoin e immaginiamo che continuerà ad esserlo fino a quando il costo di tale fonte rimarrà inferiore al prezzo del bitcoin per i minatori in Cina. Come avviene per la maggior parte dei problemi ambientali, se l’esito di una decisione aziendale che massimizza i profitti non è gradito alla società, spetta a quest’ultima imporre costi commisurati alle esternalità negative di quella decisione. Inoltre, se i pool minerari dei paesi occidentali sottraggono quote alla Cina, c’è da aspettarsi che il mix energetico dell’estrazione del bitcoin si orienti verso fonti meno inquinanti.
Rispetto a cosa?
Facciamo i conti con questi paragoni. Anche i più entusiasti fautori del bitcoin ammetterebbero che la rete della criptovaluta ha i suoi limiti per quanto riguarda i pagamenti di importo modesto, per i quali si è invece dimostrata particolarmente adatta una rete centralizzata come quella di Visa. Per transazioni di questo tipo, altri ledger decentralizzati operano in modo molto più efficiente sotto il profilo energetico rispetto ai bitcoin. Non crediamo che una prospettiva “bullish”7 nei confronti della criptovaluta induca necessariamente a ritenere che la rete Bitcoin sostituirà quella di Visa: a nostro avviso, ciò è estremamente improbabile.
Piuttosto, gli investitori in bitcoin possono semplicemente pensare che l’asset class continuerà a funzionare validamente come asset decentralizzato, resistente alla censura, ad offerta limitata e strutturalmente deflazionistico8. Nessuna di queste caratteristiche dipende dall’eventualità che Bitcoin sostituisca Visa o il sistema finanziario globale.
Anche se non condividete questo parere e state cercando un metodo per confrontare il consumo di energia da parte dei bitcoin rispetto ai sistemi esistenti, pensiamo che ciò si debba fare paragonando mele con mele; l’energia consumata dalla rete Bitcoin non serve solo ad elaborare le transazioni, ma si utilizza anche per rendere sicura la contabilità e conciliarla. Nello spazio tradizionale la transazione viene elaborata da Visa, ma è dal sistema bancario che dipendono la gestione dei conti e la riconciliazione dei titoli per garantire il buon funzionamento del sistema. Tutta questa attività richiede l’impiego di computer, persone ed edifici per uffici, e tutto ciò richiede energia.
In definitiva, come dovrebbero pensarla gli investitori?
Un giorno, forse, avremo i dati per fornire agli investitori un quadro affinché possano rispondere da soli e matematicamente a questa domanda. Al giorno d’oggi, però, non li abbiamo.
Il bitcoin (come l’oro, l’arte, le case) richiede energia per essere prodotto. Per sua natura è adatto a consumare energia rinnovabile e sostenibile, più di quanto lo siano altri asset ad offerta limitata. Non c’è niente di intrinsecamente antiecologico nei bitcoin: man mano che le fonti di energia rinnovabile diventeranno più convenienti e i costi delle fonti di energia “sporca” continueranno ad aumentare, il mix energetico dell’estrazione del bitcoin virerà ulteriormente verso la sostenibilità.
Da un punto di vista più generale, è raro che i grandi progressi tecnologici comportino un fabbisogno energetico generale inferiore rispetto alla situazione precedente. L’avvento di Internet e degli smartphone ha causato un aumento del consumo di energia pro-capite per via dei dispositivi hardware che oggi tutti possiedono. Non c’è ragione di pensare che questa tendenza cambi, ma resta il fatto che essa coinvolge la questione ambientale: come possiamo soddisfare una domanda di energia in continua crescita senza distruggere il pianeta? Questo problema deve essere risolto urgentemente, ma è un aspetto distinto rispetto al bitcoin.
Perciò non crediamo che Tesla e Musk, adottando il bitcoin, abbiano agito ipocritamente.
Pensiamo infatti che le persone sensibili ai problemi ambientali e interessate ai bitcoin possano fare la loro scelta con una certa tranquillità, dal momento che Tesla può vantare una conoscenza avanzata in materia di approvvigionamento e distribuzione di energia.
Analogamente, crediamo che gli investitori possano continuare a investire nell’asset class senza pensare che stiano abbandonando i principi ESG, anche se alcuni investitori potrebbero avere qualcosa da ridire sulla mancanza di dati. Si continueranno a condurre ricerche sull’argomento e, di pari passo con la loro evoluzione, noi aggiorneremo i nostri pareri.
Che cos’è il bitcoin
Il bitcoin è una riserva finanziaria di valore e di scambio decentralizzata e peer-to-peer. È indipendente dalle banche e dalle autorità centrali e non è garantito da alcun governo. Generalmente è soggetto a una volatilità molto elevata; inoltre non ha corso legale. I governi federali, nazionali o stranieri possono limitarne l’utilizzo e lo scambio; negli Stati Uniti la regolamentazione in materia è ancora in corso di sviluppo. Gli scambi di bitcoin possono essere sospesi o permanentemente interrotti a causa di frodi, problemi tecnici, hacker o malware.
2 Si tratta di un sistema contabile distribuito in cui un registro delle transazioni effettuate in criptovalute viene gestito all’interno di una serie di computer collegati in una rete peer-to-peer.
3 Una moneta digitale o virtuale resa sicura per mezzo della crittografia, che la rende pressoché impossibile da contraffare o spendere due volte.
4 https://www.sec.gov/Archives/edgar/data/1167419/000107997320000216/riot_10k-123119.htm
6 Bitcoin Energy Consumption Index - Digiconomist
7 Una posizione che trae vantaggio dall’aumento dei prezzi degli asset.
8 La deflazione è il contrario dell’inflazione ed è caratterizzata dal calo dei prezzi.
Blog correlati
+ La crescente domanda di bitcoin parte 1: Bilanci alle stelle?
+ Perché il prezzo del bitcoin aumenta