Oltre le elezioni statunitensi di metà mandato
Le ultime elezioni di metà mandato, tra le più costose e impegnate della storia degli Stati Uniti, ci hanno riservato una grande sorpresa: per la prima volta dal referendum sulla Brexit e dalla vittoria di Trump nel 2016 i sondaggi e le stime di consenso ci hanno visto giusto! Ma la domanda sorge spontanea: se la maggior parte delle informazioni era già scontata dal mercato, perché le borse americane hanno registrato un rally dopo la pubblicazione dei risultati ufficiali? Riteniamo che i motivi siano tre.
Per la prima volta, la spesa per le elezioni di metà mandato ha superato la soglia di USD 5 mrd
Fonte: Centre for Responsible Politics, WisdomTree, dati disponibili alla chiusura del 14 novembre 2018.
I mercati tirano un sospiro di sollievo
- Innanzitutto, anche se la storia non può essere usata come guida per il futuro, vale la pena di notare che nei 12 mesi successivi a ogni elezione di metà mandato tenutasi dal 1946 i mercati azionari statunitensi hanno registrato performance positive.
- Riteniamo inoltre che la pubblicazione dei risultati ufficiali abbia spazzato via le incertezze, imprimendo slancio al rally delle borse americane. Evidentemente per questi due motivi, il clima di mercato ha iniziato a migliorare.
- Infine, dai risultati dettagliati è emerso che non si è trattato di una vittoria schiacciante per i Democratici. Sebbene questi ultimi abbiano assunto il controllo della Camera dei Rappresentanti, il Partito repubblicano ha rafforzato la propria maggioranza al Senato.
Implicazioni della situazione di stallo
Da questo risultato elettorale possiamo trarre due conclusioni:
- A causa di questa situazione di stallo, è improbabile che venga ritirata la prima tornata di sgravi fiscali;
- Dal momento che quest’anno il Congresso ha già approvato una riforma del Dodd-Frank Act, difficilmente si avrà una nuova regolamentazione dell’economia statunitense.
Data la minore probabilità di un’ulteriore espansione fiscale, si allontana l’ipotesi di una riforma tributaria 2.0. Lo stallo politico a Washington riduce anche il rischio di un rapido aumento dei costi del lavoro e dei rendimenti obbligazionari. Ciò dovrebbe favorire i mercati globali, poiché nel 2019, con il venir meno dello stimolo associato agli sgravi fiscali dello scorso anno, la Fed interverrà sui tassi in modo più graduale.
È interessante notare che, escludendo l’effetto fiscale dai dati sugli utili di terzo trimestre delle società statunitensi, le aspettative medie di crescita dei profitti nel paese passano dal 26,7% al 18%. Rispetto al 10% del resto del mondo, gli Stati Uniti si collocano in ogni caso su livelli elevati.
Prevediamo che le prossime mosse di Trump saranno oggetto di una più attenta sorveglianza del Congresso. E nonostante la formazione di commissioni di indagine, il Presidente USA dovrebbe riuscire a evitare l’impeachment, in quanto è inverosimile che i Democratici in Senato riescano a ottenere i 67 voti necessari per destituirlo. Pur essendo assai probabile un sostegno bipartisan a un piano di investimenti infrastrutturali, ci aspettiamo che la spaccatura al Congresso causi maggiori disaccordi durante l’attuazione e il finanziamento del progetto.
Il rischio connesso al tetto al debito è sottovalutato
Il governo federale statunitense esaurirà i finanziamenti il 7 dicembre 2018 e non è da escludere uno shutdown che potrebbe protrarsi sino a fine anno. La proposta del Presidente Trump di costruire un muro al confine con il Messico e le indagini dello Special Counsel Robert Mueller dovrebbero prolungare la situazione di stallo. Riteniamo inoltre che i mercati sottovalutino gli imminenti negoziati sul tetto al debito, che dovrebbero conquistare il centro della scena nel marzo 2019. Settembre/ottobre 2019 sarà invece un periodo più delicato, poiché per allora il tetto al debito potrebbe divenire vincolante. È probabile che i Democratici facciano leva sulla questione per negoziare aumenti delle imposte societarie e dell’imposta sul reddito delle persone fisiche per i contribuenti più abbienti, oltre a porre maggiore enfasi su iniziative di salvaguardia dell’ambiente (energie rinnovabili e veicoli elettrici) nel piano di spesa per infrastrutture.
La polarizzazione del Congresso potrebbe rallentare la politica commerciale
Si iniziano già a intravedere gli effetti del nuovo panorama politico sulla politica commerciale. Appena 7 giorni dopo i risultati delle elezioni di metà mandato, le dichiarazioni di Bill Pascrell, un importante rappresentante del Partito democratico che presto potrebbe presiedere la commissione Ways and Means Trade, suggeriscono che la ratifica dell’accordo USMCA tra Stati Uniti, Messico e Canada, attesa per fine novembre, slitterà al 2019. I prossimi sviluppi sul fronte dell’USMCA forniranno indicazioni sulle fonti di preoccupazione per i Democratici che potrebbero incidere su altri accordi. Il 16 ottobre il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti ha notificato al Congresso l’intenzione di avviare i negoziati per accordi commerciali con il Giappone, l’Unione europea (UE) e il Regno Unito. L’incertezza sulla politica commerciale statunitense resta il principale ostacolo per l’economia globale. Alcuni dei maggiori esportatori mondiali, come il Giappone, l’Europa e i mercati emergenti, iniziano a patirne le conseguenze. Ci aspettiamo un più attento controllo della politica commerciale da parte dei Democratici, ma riteniamo che il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti punti a risolvere rapidamente le questioni meno controverse. Nel caso dell’UE, le trattative saranno incentrate sull’aumento del contingente di bovini di alta qualità e sulla vendita di soia statunitense, mentre l’accesso al mercato automobilistico e l’agricoltura saranno i punti cardine con il Giappone. Dal punto di vista economico, per gli agricoltori USA si tratta della peggiore annata da molto tempo e ciò potrebbe indurre i membri del Congresso ad assumere un orientamento più moderato. La politica commerciale con la Cina avrà senz’altro un ruolo di spicco nelle campagne elettorali di entrambi i partiti in vista delle elezioni presidenziali del 2020, pertanto sarà posta notevole enfasi sull’approccio del governo nei confronti di Pechino.
Blog correlati